Alla scoperta della plurisecolare festa dei Gigli di Nola

Il Mezzogiorno d'Italia è un luogo dove tradizione e folclore la fanno da padrone. Sono, infatti, innumerevoli le celebrazioni che, ormai da secoli, si susseguono a testimonianza di un legame con il territorio che non svanisce con il passar degli anni, ma, anzi, cresce sempre di più. Una delle feste che rientra appieno in questo identikit è, per l'appunto, quella dei Gigli di Nola, comune della provincia di Napoli, in Campania.

L'edizione di quest'anno non si svolgerà a fronte delle necessarie misure di sicurezza che, ancora oggi, bisogna rispettare per via dell'emergenza sanitaria dovuta alla diffusione, nei mesi appena trascorsi, del Covid 19. Nonostante ciò, per omaggiare questo evento meridionale conosciuto in tutto il Mondo e che si svolge durante il mese di giugno, in occasione anche della ricorrenza legata al Santo Patrono (22 giugno), abbiamo deciso di approfondire la storia di un rito che commemora il ritorno in città del vescovo Paolino, dopo esser stato prigioniero dei Visigoti, nel corso della prima metà del V secolo d. C.

Parte della "Rete delle grandi macchine a spalla italiane" e, per questo motivo, Patrimonio orale e immateriale dell'Umanità Unesco, la festa consiste nella sfilata, a tempo di musica, di strutture in legno ispirate ai gigli e alla barca, elementi che caratterizzano il culto di Paolino, riportato alla sede vescovile, secondo la leggenda, dai suoi concittadini accorsi ad omaggiarlo una volta sbarcato a Torre Annunziata, dopo essere stato liberato dai suoi carcerieri. Il corteo si dispiega lungo un tradizionale percorso che interessa il centro cittadino. Tuttavia, la celebrazione non si limita ai soli giorni che precedono e seguono la festa del Santo.

Infatti, si tratta di un avvenimento che ha una durata annuale. A mezzanotte della domenica di festa avviene l'assegnazione degli obelischi per l'anno successivo. Poi, nei mesi di ottobre e novembre, si ha la consegna delle bandiere tra i maestri di festa passati e quelli futuri. Questi provvederanno alla raccolta dei fondi necessari con la questua, che si tiene fra marzo e maggio. Nello stesso lasso di tempo saranno presentate le canzoni che accompagneranno i gigli. A mezzanotte del 1^ giugno si entra nel vivo dei festeggiamenti, con l'avvio del cosiddetto "Capodanno nolano".

Il sabato e la domenica che anticipano il 22 vedono i gigli "spogliati" (cioè solo lo scheletro della macchina, senza decorazioni) essere trasportati dal posto in cui sono stati costruiti al luogo dove rimarranno per tutta la settimana successiva. Il 22 giugno si ha la processione del busto argenteo di San Paolino, accompagnato dalle corporazioni. Il venerdì che precede la festa si svolgono delle cene nelle strade e nelle piazze del comune ("venerdì delle cene") e il sabato i comitati che fanno capo alle corporazioni omaggiano gli altri gigli. Le assegnazioni delle strutture lignee per l'anno che verrà si hanno allo scoccare della mezzanotte del giorno seguente la ballata. Per questa ragione, si è soliti dire "Sta festa tanne nasce, quanne more" ("Questa festa nasce in quel momento, quando muore").

I gigli prendono il nome dalle denominazioni delle antiche corporazioni delle arti e dei mestieri e, quindi, sono: ortolano, salumiere, bettoliere, panettiere, barca, beccaio, calzolaio, fabbro e sarto (ordine di sfilata). Dal 1891, il rito si formalizza grossomodo nella conformazione attuale. Ancora, in merito al giglio, bisogna sottolineare che è andato incontro a numerose trasformazioni. Prima del XVI secolo, si portavano in processione mazzi di fiori abbinati a ceri votivi. L'aumento delle dimensioni di questi oggetti costringe a svolgere il tutto al di fuori della cattedrale. Non a caso, l'umanista nolano Ambrogio Leone racconta che, dal 1500 in poi, si inizia a trasportare a spalla una torcia adornata con spighe, lungo le vie cittadine.

Lo studioso ci informa, pure, del fatto che, all'epoca, l'ordine dei cataletti era già quello odierno. Invece, sulla base di quanto riportato dal sacerdote Gianstefano Remondini, a metà del XVIII secolo compaiono torri piramidali, a forma di globi o di imbarcazioni (avvio della tradizione della Barca), ornate con fiori. È in questo periodo che il trasporto dei gigli "si sposta" alla domenica successiva alla processione. Tra la metà e la fine del XIX secolo, le strutture raggiungono l'altezza di 25 metri. È del 1887 il primo documento che accerta tale misura per tutte le strutture.

Nelle stesso lasso di tempo incominciano ad esser curati con maggior attenzione i rivestimenti e, grazie alla collaborazione con artigiani salentini impiegati nel Duomo, prende il via l'uso della cartapesta. Oggi, il giglio ha un peso tra i 40 e i 60 quintali, un base quadrata di lato 2.60 metri mentre i piedi misurano 20x20 cm. Le barre necessarie ai cullatori (coloro che trasportano) sono in legno di castagno, lunghe all'incirca 6 metri e più sporgenti verso la parte anteriore. Esse si allacciano così da stabilizzarle e da regolare la tensione e la durezza sulla spalla di chi è sotto l'obelisco.

In genere, a "paranza" al completo, i cullatori sono 128. La festa è stata sospesa anche in altre occasioni. Nel 1893 e nel 1910 per via del colera e, in maniera ufficiale, negli anni della Prima Guerra Mondiale. Nel corso della Seconda, fu il 1943 l'anno in cui non si tennero ballata e processione, ma, negli anni precedenti o successivi del conflitto, l'una o l'altra cosa si svolsero. Insomma, la festa dei Gigli è di sicuro un patrimonio culturale, grazie alla quale si può vivere un affascinante viaggio nella Storia di questo centro del Meridione, che tuttora continua e che documenta la ricchezza di cui è custode tutto il Sud Italia.