Storia del Sud Italia: il rivoluzionario partenopeo

Nel corso del XVII secolo Napoli è soggetta al dominio spagnolo. È una città caratterizzata da una considerevole crescita culturale, demografica, economica ed urbanistica. Tuttavia, la classe dirigente cittadina non è sempre capace di gestire al meglio, sul piano socio-politico, questo sviluppo. La crisi che sta interessando l'Europa e la necessità di finanziare le guerre in cui è impegnata la Spagna finiscono per gravare sulle tasche dei napoletani.

È in questa realtà piena di contraddizioni che viene al Mondo, il 29 giugno 1620, Tommaso Aniello d'Amalfi. Detto Masaniello, è un pescivendolo come il padre Francesco che è sposato con Antonia Gargano. La famiglia vive in una zona tra il quartiere Pendino e Porta Nolana. Ha 2 fratelli, Giovanni e Francesco ed una sorella, Grazia. Tommaso è un bel ragazzo, non troppo alto, dai capelli castani.

Come diverse dei suoi coetanei, è stato in prigione per contrabbando. È sposato con Bernardina, anche lei avvezza ad entrare e uscire di galera. Masaniello è affascinante e sa, ricorrendo alle parole giuste, come farsi apprezzare, soprattutto tra i suoi pari. Grazie a queste capacità sarà destinato a lasciare un segno indelebile sulle vicende della città. Infatti, Viceré il Duca d'Arcos, nell'attuale capoluogo della regione Campania, nel 1647, esplode una rivolta a causa della fiscalità troppo soffocante.

Tommaso Aniello Masaniello
Dipinto che ritrae Masaniello, di Onofrio Palumbo.

La goccia che fa traboccare il vaso è la gabella sulla frutta, un alimento basilare nella dieta dei partenopei. In occasione della riscossione delle tasse, il 7 luglio, un ortolano si rifiuta di pagare. Ne nasce un parapiglia che coinvolge, tra gli altri, l'eletto del popolo Andrea Naclerio, funzionario che avrebbe dovuto rappresentare gli interessi degli appartenenti ai ceti più umili e Maso Carrarese, puteolano e cognato di Masaniello, schiratosi con i fruttivendoli.

Maso muore e la sollevazione è gioco fatto. Al grido di "Viva il Re di Spagna, a morte il malgoverno", i lazzari danno l'assalto alla Reggia. In prima linea, c'è Tommaso. Il viceré si rifugia presso il convento di San Luigi e chiede l'intercessione dell'arcivescovo, il cardinale Ascanio Filomarino. A questo punto, bisogna precisare che, durante i suoi soggiorni dietro le sbarre, il giovane pescatore aveva avuto la possibilità di coltivare il suo odio nei confronti degli aristocratici e dei ricchi.

Ciò era stato possibile grazie all'incontro con Marco Vitale, giurista cavese e fedelissimo del sacerdote Giulio Genoino, un passato da difensore del popolo e nemico della nobiltà spagnola e dei suoi privilegi. Nei giorni di luglio, Genoino sarà colui il quale tirerà le fila degli eventi da dietro le quinte. Masaniello si fida di lui e ascolta quanto gli viene detto. Dall'8 luglio in poi, è una escalation di violenze. Le richieste del popolo consistono nell'abolizione delle gabelle, in un'equa ripartizione delle tasse e nella concessione di un cosiddetto privilegio, quello dell'uguale rappresentanza fra funzionari della nobiltà e del popolo.

Tommaso Aniello Masaniello
Giulio Genoino e Masaniello in un'immagine del Settecento.

Il 9 luglio Tommaso e un gruppo di lazzari conquistano la Basilica di San Lorenzo. Grazie all'intercessione del Filomarino, si ha un primo passo in avanti nelle trattative tra le 2 parti con la consegna di una copia del privilegio ai ribelli. Il giorno dopo Tommaso è oggetto di un attentato, ma riesce a sopravvivere a differenza di coloro che avevano provato ad ammazzarlo, che sono linciati dalla folla. Uno degli attentantori confessa di essere al servizio del Duca di Maddaloni e, per vendicarsi, i popolani uccidono Giuseppe Carafa, fratello del nobile.

L'11 luglio si ha la firma dei capitoli del privilegio e l'incontro a Palazzo Reale con il Duca d'Arcos. In quel frangente, Tommaso si sente male e sviene. Da quel momento, incomincia a mostrare i segni dell'instabilità mentale che segneranno in maniera tragica la fine della sua avventura di capopolo. Inizia a temere per la sua vita e sospetta congiure da parte di chiunque. Così, ordina delle esecuzioni sommarie. Il 13 luglio il Viceré giura sul privilegio nel Duomo; è l'atto che sancisce la vittoria ufficiale dei rivoltosi. Purtroppo, Masaniello è ormai ingestibile e se ne rende conto anche il Genoino che inizia a tramare contro di lui.

Soddisfatte le richieste alla base della protesta, da più parti si chiedeva un ritorno alla normalità. Non solo erano gli aristocratici a volere ciò, ma pure gli stessi strati più agiati del popolo che speravano in una ripresa delle attività economiche e diversi tra i lazzari, stanchi delle bizze del loro campione. Il giorno della Madonna del Carmine (16 luglio) Tommaso si rifuggia nella Basilica omonima, preoccupato per la sua incolumità. Messosi in ridicolo di fronte agli astanti, è calmato dall'intervento del Filomariono e condotto in una delle celle, per riposare.

Tommaso Aniello Masaniello
L'uccisione di don Giuseppe Carafa, dipinto di Domenico Gargiulo, 1647 circa.

Lì è raggiunto da alcuni magistrati popolari corrotti dagli Spagnoli e ucciso ad archibugiate. Decapitato, è condotto per le strade della città e il suo corpo gettato tra i rifiuti. La testa è consegnata al viceré, a testimonianza dell'avvenuto delitto. I suoi assassini furono ricompensati con titoli e onori, così come lo stesso Genoino. Il giorno dopo la sua scomparsa, furono reintrodotte alcune gabelle tra cui quella sul pane. Il popolo napoletano ne recuperò il corpo e la testa, li lavarono con l'acqua del Sebeto e li ricucirono. Il 18 luglio si tenne un solenne funerale, officiato dall'arcivescovo Filomariono. L'eco delle sue gesta si diffuse ben presto in tutto il Vecchio Continente ed ancora oggi è vivo nella memoria del Sud Italia.