Il Vulcano del Sud officina di Efesto e tomba di Re Artù

Dal 2013 è Patrimonio dell'Umanità Unesco. È una meraviglia della Natura che si trova al Meridione. Allo stesso tempo luogo affascinante e spaventoso, ha fatto da sfondo a numerose leggende. Stiamo parlando dell'Etna.

I greci lo chiamavano "Aitnē" e i romani "Aetna". Il vocabolo deriverebbe dal verbo di origine ellenica "aithō", ovvero "bruciare". Invece, gli arabi lo conoscevano, anche, come "Jabal an-Nār" ("Montagna di Fuoco"), trasformatosi in "Mons Gibel" (unione della voce latina monte e del termine arabo "jabal") e, quindi, nel dialettale "Mungibeddu", diventato in italiano Mongibello, nome che oggi indicherebbe i crateri di nord-est e sud-est.

Le continue eruzioni e, in generale, potremmo dire, la presenza ingombrante hanno fatto sì che gli abitanti di Catania e dintorni abbiano sviluppato con lui un rapporto viscerale, che, spesso, assume tinte magiche. Così, nel corso dei secoli, è stato teatro di moltissime vicende fantastiche. Ad esempio, per quanto riguarda le origini, sono diffusi due miti, uno dei quali ha per protagonista il gigante Encelado, l'altro il titano Tifeo. Ancora, nelle sue vicinanze, si è consumata la triste vicenda d'amore tra il pastore Aci e la bellissima ninfa Galatea.

Etna innevato e lava

Nell'antichità, si credeva fosse la dimora di diverse officine "speciali". Qui, infatti, si sarebbe rifugiato e avrebbe posto la sua fucina il dio fabbro Efesto, stanco dei tradimenti della moglie Afrodite e di essere oggetto di scherno da parte dei suoi simili, a causa del suo aspetto. Tra l'altro, si racconta che la forgia fosse alimentata da Adrano, divinità del fuoco, domata dallo stesso Efesto. Al suo interno, avrebbero lavorato pure i titani, impegnati a realizzare le saette di Zeus. E nelle sue profondità, Eolo avrebbe imprigionato i venti. Per gli antichi, era anche il posto dove sarebbe deceduto il filosofo Empedocle, che avrebbe posseduto capacità sovrannaturali. Gettatosi nel cratere, per dimostrare la sua natura divina, l'Etna avrebbe eruttato un suo sandalo così da chiarire come fosse solo un uomo. Questo episodio è riportato da Dioegene Laerzio in "Vitae Philosophorum" e da Orazio in "Ars Poetica".

A quanto pare, in occasione di uno degli innumerevoli fenomeni eruttivi, la lava arrivò a minacciare la vita di due fratelli, i pastori Anfinomo e Anapia. Caricatisi gli anziani genitori sulle spalle, si diedero alla fuga e, mentre la lava distruggeva gli edifici e l'ambiente circostante, la famiglia fu risparmiata per via del gesto generoso compiuto dai giovani mandriani. Questo mito era molto diffuso ed è probabile che lo conoscesse anche Virgilio, dato che, nell'Eneide, Enea salva il padre Anchise dalla distruzione di Troia allo stesso modo. A cavallo tra la fine dell'età antica e inizio del medioevo è ambientata la storia di Eliodoro, un nobile, mago che non riuscì a diventare vescovo della diocesi catanese. Prese, perciò, a tormentare la città, volando in sella ad un elefante, il "Liotru", la cui statua è visibile nel centro del comune ibleo. Nelle cronache redatte nel XII secolo, il geografo nord africano al-Idrisi sosteneva che gli abitanti del posto la ritenessero un talismano contro le eruzioni.

Catania e, sullo sfondo, l'Etna

A tal proposito, con l'affermazione del Cristianesimo, fu l'intercessione di Sant'Agata a salvare il centro della Sicilia dalla forza distruttiva dell'Etna. Nel 252, quando il magma lambiva il centro abitato fu il velo rosso della Beata ad evitare la catastrofe. Chiudiamo la nostra panoramica con due storie che riguardano dei sovrani. Fin da tempi remoti, il vulcano è considerato una porta per gli inferi. Non a caso, a seguito del suo patto con il diavolo, una volta spirata, la regina Elisabetta I sarebbe stata gettata all'inferno proprio attraverso la bocca etnea. Durante la caduta, la donna perse una pantofola. Ritrovata da un contadino (che si ferì nel tentativo di recuperarla), la calzatura finì sul tetto del castello di Maniace a seguito di un esorcismo. Quando l'abitazione fu assegnata dai Borbone all'ammiraglio inglese Orazio Nelson, costuì la ebbe in dono da una misteriosa donna, che non era altri se non la regina Elisabetta camuffata. La ciabatta avrebbe garantito successo al militare, fino a quando fosse rimasta un segreto. Purtroppo, l'amante del comandante inglese la scoprì e, appena pochi giorni dopo, Nelson morì durante la battaglia di Trafalgar. Infine, l'Etna sarebbe anche la tomba del possente re Artù. Nel corso della sua ultima battaglia, si ruppe Excalibur, la spada del monarca di Camelot. Artù supplicò l'arcangelo Michele di ripararla e, così, il comandante delle milizie celesti trasportò lui e l'arma sull'Etna, dove il re si addormentò, stanco e ferito. Al suo risveglio, si rese conto della bellezza della Sicilia e chiese di poter rimanere per sempre lì, per proteggere l'isola. Ancora oggi, il sovrano britannico riposa nelle viscere del vulcano, che abbandona solo quando torna in Inghilterra, per portare doni ai bambini. In queste occasioni, l'Etna ne approfitta e scatena tutta la sua potenza, maestoso spettacolo che atterrisce e, allo stesso tempo, inorgoglisce i siciliani e i meridionali tutti.