Ripartire da zero: tutta la forza del Sud dopo il Terremoto dell'80

Un boato squarciò il cielo. Il silenzio e il buio interrotto da grida di terrore e pianto, una scossa che ancora risuona nelle menti di chi l'ha vissuto: il terremoto dell'80.

Domenica 23 Novembre 1980, sono le 19:34. Una scossa fortissima, del X grado della Scala Mercalli, a 10 km di profondità, fa tremare per 90 secondi un'area di circa 17.000 km², dall'Irpinia al Vulture, con danni che ricoprirono tutta l'area centro meridionale della penisola, per un totale di 679 comuni dislocati tra Campania, Basilicata e Puglia. I primi telegiornali parlano di "Scossa di Terremoto in Campania" poiché le comunicazioni non erano possibili, e fu altrettanto impossibile lanciare l'allarme generale per il disastro che si stava consumando.

Solo la mattina del 24 Novembre si ebbe il quadro generale della calamità, e minuto dopo minuto aumentava l'entità dei danni e la quantità di comuni colpiti fino ad arrivare all'emblematico titolo del 26 Novembre de "Il Mattino": Cresce in maniera catastrofica il numero dei morti (sono 10.000?) e dei rimasti senza tetto (250.000) FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla"

Detto fatto, la mobilitazione dopo il disastro è stata immediata prima da tutto il Sud e poi da tutta Italia. Vennero donati ogni tipo di generi di prima necessità, organizzati camion di provviste, carovane di volontari che aiutassero nel recupero di feriti, nella sistemazione delle macerie. Moltissime persone misero a disposizione le proprie case, e ogni tipo di struttura che potesse fungere da rifugio per le persone ormai terrorizzate e senza casa.

Già durante le scosse di assestamento ogni comunità fece fronte comune, si aiutava con ciò che si possedeva, si divideva tutto con tutti,  in quel momento, la cosa importante era essere rassicurati. Un momento veramente buio in cui tutti sono stati sostegno gli uni per gli altri.

A quarant'anni dal disastro che cambiò il volto dell'Irpinia per sempre i paesi più colpiti sono risorti, come fenici dalla proprie ceneri. Quei paesi una volta irraggiungibili, perché inerpicati sulla montagna, o senza strade asfaltate ora sono esempi di civiltà e modernizzazione, i risultati di una ricostruzione attenta e curata come Castelnuovo di Conza e Lioni che furono completamente rasi al suolo e abbandonati per paura.

Varie sono state le manifestazioni in ricordo di ciò che avvenne il 23 Novembre del 1980, tutte a ricordare non solo le vittime della tragedia, non solo il cambiamento dei luoghi, ma anche e soprattutto elogiare la pronta e altruista reazione di una porzione di territorio italiano ad una tragedia, alle comunità che non si sono date per vinte, elogiare tutti i volontari che hanno risposto immediatamente alla chiamata, a tutti quelli che hanno avuto anche una sola parola di coraggio per chi era completamente terrorizzato.

Anche Papa Francesco nell'Angelus di Domenica 22 Novembre, parla di ciò che accadde in quegli anni: "quell'evento drammatico le cui ferite anche materiali non sono ancora del tutto rimarginate ha evidenziato la generosità e la solidarietà degli italiani. Ne sono testimonianza tanti gemellaggi tra paesi terremotati e quelli del nord e del centro i cui legami ancora sussistono, queste iniziative hanno favorito il faticoso cammino della ricostruzione e soprattutto la fraternità tra le diverse comunità della Penisola". A quarant'anni l'Irpinia incarna ciò che diceva Luciano De Crescenzo: "il passato è la memoria, il futuro è la speranza e il presente è l'intuizione"