La vicenda della tenda rossa e dell'esploratore del Sud

Cade oggi l'anniversario dell'avvistamento, nel 1928, della tenda di colore rosso nella quale avevano trovato rifugio i sopravvissuti al disastro del dirigibile "Italia", capitanato dal comandante Umberto Nobile. Costui era nato a Lauro, comune della provincia di Avellino, in Campania, il 21 gennaio del 1885. Lui e i suoi uomini furono individuati dal maggiore Umberto Maddalena, alla guida dell'idrovolante Siai S55.

Umberto Nobile venne al Mondo in Irpinia da genitori di Eboli, centro nei pressi di Salerno. La famiglia vantava origini aristocratiche perché era parte di un ramo cadetto dei Delle Piane, presente anche in Calabria e Puglia. Fedeli ai Borbone, furono privati del titolo quando non giurarono fedeltà ai Savoia. Il nonno di Umberto era stato ciambellano alla corte di Francesco II delle Due Sicilie.

Generale del Corpo del Genio aeronautico ruolo ingegneri dell'aviazione militare, fu docente di Costruzioni Aeronautiche all'Università Federico II di Napoli, il cui istituto ha rappresentato il punto di partenza per la nascita dell'odierno Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale. Precursore nell'ambito dell'Aeronautica nazionale, il suo nome è legato anche alle 2 trasvolate in dirigibile del Polo Nord, la seconda delle quali si rivelò un insuccesso.

Tenda Rossa Umberto Nobile
Umberto Nobile nel 1926, con il suo cane Titina.

La prima iniziò il 10 aprile del 1926 da Ciampino. Nobile e l'equipaggio erano a bordo dell'aerostato "Norge". Tra i viaggiatori anche il norvegese Roald Amundsen. Giunsero al Polo il 12 maggio e, 2 giorni dopo, atterrarono a Teller in Alaska. Il ritorno al Polo Nord avvenne con l'Italia, dirigibile del tipo semi-rigido con denominazione N-4. Partito da Milano, il 15 aprile del 1928, arrivò a destinazione il 24 maggio. Il viaggio di ritorno si svolse in condizioni meteo difficili.

Fu così che, ormai a poca distanza dalla Norvegia, per via di una tempesta, il dirigibile precipitò. A rimanere sul ghiaccio fu solo la cabina di comando con, all'interno, 10 uomini tra cui il generale e il suo cane Titina, mascotte della spedizione. Parte dell'equipaggio fu portata via insieme all'involucro e alla trave chiglia. Il comandante si ferì al braccio e ad una gamba e, perciò, fu sistemato in un sacco a pelo. Tutti trovarono rifugio in una tenda che fu dipinta di rosso con anilina (sostanza per rilevazioni altimetriche), per essere più visibile agli occhi di coloro che si attivarono per salvarli.

La tenda era di tipo a bastone centrale, con base parallelepipeda di 2.75x2.75 mt e 1 di altezza, sormontata da una parte a forma di piramide il cui vertice era a 2.50 mt dal suolo. Vi si accedeva tramite un ingresso circolare, il fondo e le pareti esterne erano in seta grezza mentre quelle interne erano di seta azzurra, tinta scelta per contrastare la possibile cecità da neve. Progettata per accogliere 4 persone, ne ospitò, invece, 9. Tra il materiale recuperato a seguito dell'incidente, ci fu anche radio Ondina 33 grazie alla quale il radiotelegrafista Giuseppe Biagi potè inviare la richiesta d'aiuto e fornire indicazioni ai soccorritori.

Tra questi ci fu pure Amundsen che morì nel tentativo di aiutare gli italiani. Avvistati dal maggiore Maddalena, rimasero sul posto fino al 12 luglio 1928 quando furono portati in salvo dall'imbarcazione rompighiaccio sovietica "Krasin". Nobile era già stato tratto in salvo dall'aviatore svedese Albert Einar Lundborg, nonostante il comandante avesse insistito affinché fosse aiutato prima un altro membro del suo equipaggio, anche lui ferito, Natale Cecioni. Criticato per essere tornato per primo, inviso al regime fascita, il generale emigrò in Unione Sovietica. Dopo la guerra tornò nella Penisola e fu deputato dell'Assemblea Costituente. Umberto Nobile morì a Roma, il 30 luglio 1978.