Il vino meridionale nato per opera di Gesù

C'è una terra del Meridione che può vantare una produzione vinicola davvero sorprendente. Non a caso, in questo luogo, sono registrati 19 D. O. P. (15 D. O. C. e 4 D. O. C. G.) e 10  I. G. P.

Ci riferiamo alla Campania, dove la lavorazione delle viti e la produzione di ottimo vino affonda le radici molto indietro nel tempo. E tra questi ce n'è uno la cui origine scomoda, addirittura, Gesù Cristo in persona.

Stiamo parlando del "Lacryma Christi del Vesuvio", che rientra nella zona di produzione Vesuvio D. O. C. L'area in questione è quella vesuviana e del napoletano, terre vulcaniche dove troviamo, tra i diversi vitigni degni di nota, la Biancolella, la Coda di Volpe, la Falanghina, la Forastera, Piedirosso e Sciascinoso.

Sulle sue origini esistono diverse leggende. Una delle tante sostiene che, riconosciuto nel Golfo di Napoli un pezzo di cielo strappato da Lucifero mentre precipitava verso la Terra, Gesù pianse. Le sue lacrime finirono per dare vita, per l'appunto, al Lacryma Christi. Un altro racconto ne attribuisce la nascita ad un altro miracolo compiuto dal figlio di Dio. In visita ad un'eremita che viveva ai piedi del Vesuvio, per ringraziarlo dell'ospitalità ricevuta, Cristo tramutò l'acqua che gli era stato offerta in quell'ottima bevanda che, ancora oggi, beviamo.

Per quanto riguarda l'origine storica, è probabile che le uve che si adoperano per produrlo siano state trapiantate alle falde del vulcano partenopeo da coloni greci, nel corso del V secolo a. C. Molto apprezzato dai romani; addirittura Marziale scriveva "Bacco amò queste colline più delle native di Nisa". Crollato l'impero di Roma, il suo segreto fu ad appannaggio dei Frati Cappuccini che abitavano nei pressi della "Turris Octava", una colonia romana che, proprio a causa della realizzazione del vino, nel tempo prese il nome di Torre del Greco. La denominazione di origine controllata risale al 13 gennaio 1983.

Il disciplinare stabilisce che la produzione è permessa in tutta l'area amministrativa dei comuni di: Boscotrecase, Trecase e San Sebastiano al Vesuvio. Rientrano, seppur solo in parte, le zone di: Boscoreale, Cercola, Ercolano, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici, San Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata e Torre del Greco. Il bianco ha un colore paglierino, dal sapore secco, gradazione alcolica minimo 11%. Richiede l'utilizzo di Coda di Volpe (sul posto chiamata Caprettone) e/o Verdeca, Falanghina e/o Greco. Ideale per accompagare sautè di vongole veraci, impepatata di cozze, zuppe di pesce, crostacei e piatti di verdure e formaggi freschi. Il rosso ha un tono rubino, sapore secco e gradazione di minimo 12%. Si usano il Piedirosso (detto Palummina) e/o Sciascinoso. Ottimi gli abbinamento con selvaggina, arrosti, pollame e formaggi piccanti. Dalla sfumatura più o meno intensa, il rosato ha un sapore asciutto e una gradazione minima di 10,50%.