In questo castello del Sud passeggia indisturbato il fantasma di un glorioso Re!

Il Castello di Pizzo, sito nell'omonima città, nella provincia di Vibo Valentia in Calabria, è noto anche con un altro nome, il nome di uno dei condottieri che hanno fatto la storia del meridione d'Italia: Gioacchino Murat. Secondo la storia, nel 1815, il generale francese prima in imprigionato, poi processato ed infine dopo la confessione fucilato. Quello che la storia non dice, ma la leggenda racconta è che il fantasma di Gioacchino Murat si aggira ancora tra queste stanze sotto forma di fantasma.

Questa fortificazione, a picco sul mare con pianta quadrangolare, racchiude all'interno della cinta muraria alcuni edifici costruiti in diverse epoche: in origine, intorno al XIV secolo, questo castello faceva parte del sistema Torri Costiere costruite per contrastare le incursioni dei pirati sulle coste del Regno di Napoli (che cominciarono sotto la dominazione Angioina e continuarono durante la dominazione Aragonese). Ferdinando I decise che la Torre Maschia non fosse abbastanza sicura, procedendo immediatamente alla fortificazione con al centro una torre di guardia e due torrioni laterali; all'esterno un fossato con un ponte levatoio.

Gioacchino Murat tra storia e leggenda.

Dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte nella Battaglia di Waterloo, l'allora Re di Napoli, Gioacchino Murat si recò in Corsica per sfuggire alla taglia sulla sua testa. Lì lo raggiunse gran parte del suo esercito in attesa dei documenti che gli permettessero di tornare in Italia, per raggiungere sua moglie e il suo regno. Arrivarono brutte notizie al generale, notizie di un malcontento generale per la sua gestione del regno e di come i napoletani volessero spodestarlo (quando in realtà il Regno era stato conquistato da Ferdinando I di Borbone).

Credendo a queste voce, Murat organizzò velocemente una spedizione che lo riportasse sulle coste italiane: partì con 250 uomini con l'intenzione di sbarcare nei pressi di Salerno; una tempesta decimò il suo equipaggio e il tradimento del suo capo- battaglione lo costrinse a dirottare il suo viaggio in Calabria, nel porto di Pizzo nel pieno del territorio nemico.

Arrivato al Castello di Pizzo venne imprigionato in attesa del processo che lo riconobbe colpevole e ne decise la morte tramite fucilazione. Quando il plotone di esecuzione fu schierato, si dice che Gioacchino Murat, abbia pronunciato queste parole:; "Non mirate al volto, ma al cuore. Fuoco!" Le parole commossero tutti i soldati partecipanti alla sua dipartita.

La leggenda vuole che dopo il tradimento e la morte violenta, il generale francese avesse l'anima tormentata dalla sofferenza per non aver concluso il suo destino e dalla vendetta. Si dice che il suo spirito passeggi parlando tra sé, per tutte le stanze del Castello Aragonese; si dice di notte di sentano i rumori delle catene che lo tenevano prigioniero; si dice che la navata del castello si illumini al suo passaggio.