L'umile scrittore del Sud che definì la sua terra 'Città Teatro'

Nato a Comiso, nella provincia di Ragusa in Sicilia, Gesualdo Bufalino è stato uno dei più grandi scrittori del Novecento d'Italia. La sua scrittura è raffinata ed elegante, il suo gergo, fatto di termini antiquati che non appesantiscono minimamente la comprensione delle sue opere, restituisce in maniera superba i ricordi di una città impressa nel passato; il risultato è un vortice in cui il lettore viene trascinato dolcemente, un mondo barocco ricco di immagini indimenticabili.

Dedica la sua vita allo svelamento della sua città, Comiso, un amore così infinito e profondo che ha lasciato dietro di sé opere di inestimabile valore letterario; racconta e fa vivere la città nei suoi scritti, quel luogo che lui definisce "Città Teatro" perché: " In qualsiasi angolo è possibile assistere a uno spettacolo". Bufalino descrive ogni cosa di Comiso, il mercato, la chiesa, il teatro raccontandone ogni angolo, dalla geografia fisica alle architetture dei palazzi, delineandole attraverso le avventure dei suoi concittadini.

Lo scrittore cattura con le parole, tutta l'intimità del paese, la sua anima collettiva; ne fotografa le peculiarità e il carattere senza mai forzare, rendendo con estrema semplicità e forza le meraviglie del suo paese, ma anche gli aspetti negativi sottolineando quanto questi fossero amari e dolorosi per chi ama la propria terra e ha difficoltà a lasciarla. 

Bufalino non amava lasciare Comiso, "il paese di sangue dolce, di rumori fantastici, di lune, di serenate", che ricordava costantemente con la lente del passato, percorreva chilometri e chilometri attraverso il "modo supremo", il viaggio attraverso il potere della mente: "restarsene seduti, fantasticando, nel proprio studio."

La sua opera, forse la più famosa, "Diceria dell'untore" è quasi una prosa lirica che venne modificata ripetutamente per 30 anni, fino a raggiungere il massimo grado di perfezione, paragonabile al Decameron di Boccaccio. La storia di un soldato scampato alla guerra rinchiuso per tubercolosi, insieme ad altri reduci, nel sanatorio della Rocca situato sulle alture di Palermo. Un racconto sull'attesa della morte e di come la vita tra i vivi sia difficile per chi sa di dover morire a breve.

Fu molto amico di diversi intellettuali, artisti di ogni tipo, ma fu soprattutto molto legato a Leonardo Sciascia, con cui condivideva non solo la passione per la letteratura ma la passione per il cinema e per la musica. I due scrittori siciliani si distinguono per l'attaccamento alla propria terra d'origine, la Sicilia che nei loro racconti diviene una terra fatta di attimi di eternità.