La prima scrittrice romantica era del Sud: la sua lirica incantò Benedetto Croce

Isabella Morra nasce a Favale, nella provincia di Matera (l'odierna Valsinni) intorno al 1520. Ebbe una vita molto dura e breve, ma ha lasciato una produzione letteraria di poesie di altissima qualità, una delle voci più autentiche del XVI secolo, un'avanguardista della corrente romantica che avrà la sua massima espressione alla fine del XVIII secolo.

Venne educata da Giovanni Michele di Morra, suo padre, un nobile amante della letteratura e della poesia, che dovette poi fuggire per vicissitudini politiche lasciando Isabella alle cure di un precettore che la formò attraverso gli studi di autori latini. I suoi fratelli minori, che restarono a Favale, la rinchiusero per tutta la sua vita. Come testimonia il nipote di Giovanni Michele, la vita in campagna senza la guida paterna li aveva resi "feroci e barbari".

Isabella, segregata nel castello compose meravigliose poesie ed ebbe una relazione epistolare segreta con Diego Sandoval de Castro, un poeta di origini spagnole Barone di Bollita (odierne Nora Siri) e Castellano di Cosenza, membro dell'Accademia degli Umidi (poeti autodefinitisi "popolari"). Il loro rapporto  risulta ancora un mistero, l'unica certezza sono le lettere consegnate a lui dal precettore di lei, e a lei attraverso la moglie di Diego, Antonia Caracciolo. Non si sa in che modo Decio, Cesare e Fabio, fratelli di Isabella, scoprirono la relazione epistolare con il poeta ma immaginando una relazione extra coniugale decisero di porre fine ad essa attraverso l'assassinio.

Trovata con le lettere ancora chiuse tra le mani, venne pugnalata più volte, nulla valse che le lettere fossero firmate da Antonia Caracciolo, la vita le fu strappata lo stesso. Due aguzzini partirono per la Francia per evitare il castigo che sarebbe arrivato dalla Gran Corte della Vicaria, ma fecero ritorno poco dopo, con il fermo intento di uccidere Diego Sandoval de Castro. Gli tesero un agguato nel bosco di Noia (odierna Noepoli), uccidendolo a colpi di archibugio.

Il tema principale delle liriche di Isabella Morra è la fortuna come forza incontrollabile e selvaggia che viene meno alla sensibilità propria delle donne, una forza malvagia che opprime e corrompe. La descrizione di questo tema da parte della poetessa e completamente contrario a quello che distingue l'intero Rinascimento. La sua poesia e fosca e triste, ma incredibilmente emozionante:

"Se a la propinqua speme nuovo impaccio
o Fortuna crudele o l'empia Morte,
com'han soluto, ahi lassa, non m'apporte,
rotta avrò la prigione e sciolto il laccio.
Ma, pensando a quel dì, ardo ed agghiaccio,
ché 'l timore e 'l desìo son le mie scorte;
a questo or chiudo; or apro a quel le porte,
e in forse, di dolor mi struggo e sfaccio"

 

Queste e molte altre le rime furono trovate per caso, dopo la sua morte, dal libraio Marcantonio Passero, negli scaffali impolverati, ed ebbero la prima pubblicazione della raccolta "Rime di diversi illustri signori napoletani" per poi passare in varie altre raccolte, fino ad arrivare nelle mani di Benedetto Croce che riscoprì tutta la sua storia e la sua meravigliosa lirica.