Il sapiente chirurgo del "medicar crudo" famoso in tutta Europa era del Sud

Marco Aurelio Severino nasce a Tarsia in provincia di Cosenza il 2 novembre del 1580, compie i suoi studi a Napoli con professori eccellenti come Tommaso Campanella, Niccolò Antonio Stelliola (un matematico che arrivò alla notorietà scientifica attraverso la pubblicazione dell'Enciclopedia Pitagorica ed un trattato sul telescopio), Latino Tancredi (specialista di chirurgia) e Giulio Jasolino (specialista di anatomia).

Vinse il concorso pubblico per la cattedra di Anatomia nell'Università Federico II e di lì la sua carriera di insegnante non ebbe mai battute d'arresto, anzi, le sue lezioni erano ritenute superlative ed ebbero le migliori approvazioni: "Era innumerabile la frequenza de' giovani, che concorrevano alla di lui scuola, e la fama della sua eloquenza e approfondita dottrina si diffuse non solo nell'Italia, ma per ogni paese dell' Europa. Se qualche insigne letterato ritornando da Napoli si presentava in Roma al Pontefice Urbano VIII, interrogato dal Santo Padre cosa di buono avesse trovato in Napoli, rispondevano tutti: Severino." (Da "Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de loro rispettivi ritratti" – Domenico Martuscielli).

Nel 1640 Severino fu allontanato dall'ospedale Incurabili accusato dal tribunale dell'Inquisizione per reati contro la fede e la morale comune, per la pratica chirurgica del "medicar crudo", descritta nella prima opera di anatomia comparata da lui scritta "Zootomia Democritea"; questa pratica prevedeva il rapido intervento con l'incisione dell'ascesso per mezzo di un bisturi; questa attività andava contro le regole lente e di attesa improduttiva della chirurgia del tempo. Il processo finì con la reintegrazione all'ospedale nel 1642.

Quando la peste del 1656 si abbatté su Napoli, dopo aver devastato tutta l'Europa, Severino non si allontanò dalla città di Napoli, come molti suoi colleghi e nobili fecero. Egli, fu nominato presidente della commissione di medici per accertare la natura del morbo ma che nonostante gli interventi delle autorità, i rimedi consigliati dai medici, la peste si diffuse fra la popolazione.

Chi poteva, fuggì, ma Marco Aurelio Severino rimase al suo posto e morì il 12 luglio 1656 di peste. Fu sepolto al centro storico di Napoli nella chiesa di San Biagio Maggiore sotto l'iscrizione: Sic vivit, sic moritur Severinus, sic moritur, qui in Literatorum Orbe perpetuo vivit ("Così vive, così muore Severino, così muore, vivendo per sempre nel mondo sapiente").