La dimora di un martire diventa baluardo di cultura e legalità

La "Casa di Famiglia del Giudice Rosario Livatino" da oggi è diventata a tutti gli effetti un bene di interesse storico, culturale e architettonico, oltre che baluardo della legalità e punto di incontro per moltissimi giovani di Canicattì, in Sicilia ; questo luogo custodisce tutti gli oggetti appartenuti al magistrato vittima dalla mafia, un museo che celebra il sacrificio e la dedizione al lavoro e alla giustizia di un uomo ormai santo.

L'Assessore ai Beni Culturali e dell'Identità Siciliana, Alberto Samonà così si pronuncia: "Oggi è un giorno lieto. Apprendo con soddisfazione la notizia che il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con sentenza pubblicata poche nelle scorse ore, ha respinto il ricorso presentato dalla proprietaria della casa di Canicattì dove vivevano il giudice Rosario Livatino e la sua famiglia, riconoscendo la validità delle motivazioni che hanno indotto la Soprintendenza dei Beni Culturali di Agrigento per avviare l'iter per la dichiarazione del bene di particolare interesse culturale."

La dichiarazione continua: "In assenza di familiari diretti che possano mantenerne viva la memoria, è dovere della società civile e delle istituzioni, di cui Livatino è stato 'servitore eccezionale', perpetuare il ricordo del giovane magistrato che ha pagato con la vita una rettitudine e un senso del dovere che non si sono piegati alle minacce o alle lusinghe della mafia. Quella casa rappresenta oggi la memoria storica su cui incentrare un'azione di sensibilizzazione e divulgazione di valori fondanti, come il perseguimento della legalità, la ricerca della giustizia, il compimento del proprio dovere, tutti valori che concorrono alla costruzione di una società migliore."

Interviene anche il Soprintendente dei Beni Culturali di Agrigento, Michele Benfari, è intervenuto commentando la decisione del tribunale: " La sentenza riconosce la fondatezza e la validità delle motivazioni che ci hanno indotto ad avviare l'iter di tutela, e ha riconosciuto l'alto valore simbolico dell'abitazione. La casa del giudice, ucciso a soli 37 anni da mano mafiosa, infatti con i suoi ricordi, gli scritti autografi, le foto e gli effetti personali, che sono stati custoditi e preservati nel tempo in una immobile integrità dai genitori del giovane magistrato, rappresentano un luogo e un'occasione di riflessione."

Questo stesso anno il magistrato verrà beatificato, poiché è stato riconosciuto dalla Santa Sede,  la morte per martirio “in odium fidei (in odio della fede); è con questo riconoscimento che Papa Francesco ha autorizzato la divulgazione della notizia dell’atto di beatificazione durante l’udienza con il Cardinale Marcello Semerano il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.