Le origini meridionali di Jake LaMotta, il pugile che ispirò Martin Scorsese

Nato nel Bronx nei primi anni 20 del Novecento, figlio di un immigrato messinese e un'americana, combatté fin da piccolo con gli altri bambini per guadagnare qualche dollaro, riesce ad evitare il servizio di leva per la Seconda Guerra Mondiale grazie alla sua passione per il pugilato, diventando uno dei simboli di questo sport e non solo, parliamo di Jake LaMotta.

Il suo vero nome era Giacobbe, fu uno dei pugili italo - americani più famosi del mondo anche grazie al film del 1980 diretto da Martin Scorsese, interpretato da Robert De Niro, "Raging Bull- Toro Scatenato". La sua vita fu incredibile, costellata di successi per la sua capacità di espressione su ring capace di scatenare le folle. LaMotta si occupò personalmente di allenare De Niro, voleva essere sicuro che l'attore potesse essere credibile per l'interpretazione di un pugile professionista e riuscì perfettamente nel suo intento.

Quando la sua carriera si concluse, con il suo ritiro dal ring, Jake deteneva il record di 106 incontri con 86 vittorie, di cui 30 per KO, 19 sconfitte e 4 pareggi. La sua struttura fisica, tarchiata e robusta con una mascella d'acciaio fecero la sua fortuna, aveva un'incredibile capacità di assorbire i colpi e ripartire con ganci e montanti veloci e potenti, ma soprattutto continui. Non dava tregua, non si lasciava abbattere, era il toro del Bronx, il toro scatenato. Resta famoso il suo incontro del 14 Febbraio 1951 con Sugar Ray Robinson, forse l'incontro più violento della storia del pugilato che finì per l'interruzione dell'arbitro, poiché nonostante le ferite multiple LaMotta non voleva saperne di smettere di combattere.

Fu un personaggio incredibile anche fuori dal tappeto, aveva una vita disordinata e sfrenata, spesso era sui tabloid per esser stato coinvolto in scandali riguardanti la vendita di alcuni match alla mafia. Il ritiro segna ancora di più la sua vita che diviene ancor più sregolata, segnata dall'alcool e dalla galera: si sposò ben sette volte, perse due figli tragicamente e litigò con suo fratello (suo manager da sempre). Da vero campione non si diede mai per vinto, cominciò la carriera d'attore, cabarettista e showman ma praticò anche altri mestieri come il barman, lo scrittore e purtroppo anche il pappone.

E' stato un simbolo della boxe, l'idolo di pugili del calibro di Mike Tyson, Joe Frazier, Rai Mancini, reso immortale dalla pellicola di Martin Scorsese, il ricordo del Toro Scatenato resterà indelebile per molte generazioni, un'eccellenza che ha dato tutto, anche nella sua controversa vita, resterà per sempre un simbolo di cui andare fieri.