Coronavirus, continua sperimentazione al plasma al Sud: "E' una strategia valida"

Mentre l’Italia, da quasi una settimana, ha iniziato la Fase 2 dell’emergenza Coronavirus, con la ripresa di alcune attività lavorative e un lento cammino verso la normalità, i ricercatori continuano i loro studi sul virus, nella speranza di trovare presto un vaccino o una cura definitiva. Ad oggi, infatti, non esiste un farmaco specifico che combatta il Covid-19, e negli ospedali italiani si è potuta seguire solo la strada delle terapie che andassero a combattere le conseguenze e non la causa primaria. Una delle principali è quella sperimentata dal dottor Ascierto con il farmaco utilizzato per l’artrite reumatoide, ma se ne stanno testando anche altre, come quella del Remdesivir, che analogamente al Tocilizumab sta dando buoni risultati.

Intanto, gli studi vanno avanti in tutto il mondo e si cercano cure più mirate ed efficaci. Una delle opzioni più chiacchierate degli ultimi giorni è quella del plasma, ossia la parte liquida del sangue donato dai guariti dal Coronavirus, che così trasferiscono i loro anticorpi ai pazienti malati tramite le infusioni.

La sperimentazione del plasma è partita in varie parti d'Italia, anche al Sud, come al Policlinico Riuniti di Foggia, ma non solo. Anche a Reggio Calabria, infatti, tra qualche settimana inizieranno le donazioni dei pazienti guariti dal Covid-19.

Il primario del Centro Trasfusionale degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, Alfonso Trimarchi, a questo proposito ha spiegato a Strettoweb come anche in Calabria sia partito l’iter per la sperimentazione della terapia con plasma: “quella degli anticorpi neutralizzanti è una strategia valida, importantissima, su cui dobbiamo sperare tutti. I guariti ci stanno aiutando, creeremo una banca utile per eventuale seconda ondata”.

Questo tipo di “terapia” è stata testata già in diverse parti del mondo, e i primi dati sono incoraggianti: i sintomi della malattia, nei pazienti trattati, sono spariti entro 48 ore dall’infusione. Il plasma, però, sarebbe iniettabile ovviamente solo nella prima fase della malattia, non certamente quando il paziente si trova in rianimazione e ha bisogno di tutt’altro tipo di cure.