Coronavirus, il plasma può distruggerlo in poche ore: al Sud la sperimentazione

Mentre l'Italia, da ieri, ha iniziato la Fase 2 dell'emergenza Coronavirus, con la ripresa di alcune attività lavorative e un lento cammino verso la normalità, i ricercatori continuano i loro studi sul virus, nella speranza di trovare presto un vaccino o una cura definitiva. Ad oggi, infatti, non esiste un farmaco specifico che combatta il Covid-19, e negli ospedali italiani si è potuta seguire solo la strada delle terapie che andassero a combattere le conseguenze e non la causa primaria. Una delle principali è quella sperimentata dal dottor Ascierto con il farmaco utilizzato per l'artrite reumatoide, ma se ne stanno testando anche altre, come quella del Remdesivir, che analogamente al Tocilizumab sta dando buoni risultati.

Intanto, gli studi vanno avanti in tutto il mondo e si cercano cure più mirate ed efficaci. Una delle opzioni più chiacchierate degli ultimi giorni è quella del plasma, ossia la parte liquida del sangue donato dai guariti dal Coronavirus, che così trasferiscono i loro anticorpi ai pazienti malati tramite le infusioni.

Questo tipo di "terapia" è stata sperimentata già in diverse parti del mondo, e i primi dati sono incredibili: i sintomi della malattia, nei pazienti trattati, sono spariti entro 48 ore dall'infusione. Il plasma, però, sarebbe iniettabile ovviamente solo nella prima fase della malattia, non certamente quando il paziente si trova in rianimazione e ha bisogno di tutt'altro tipo di cure.

E proprio sul plasma sta per partire una sperimentazione al Sud, al Policlinico Riuniti di Foggia, una delle tante eccellenze meridionali che si sono messe in mostra in questi mesi così difficili per la sanità italiana.

Il protocollo clinico sperimentale (Protocollo di studio Regione Puglia – Studio interventistico per valutare l’efficacia e la sicurezza della immunoterapia passiva con plasma raccolto da pazienti guariti da infezione Covid-19, nel trattamento delle forme moderate/severe di Covid-19), è stato infatti approvato dal Comitato etico dell’Azienda ospedaliero universitaria del Policlinico di Bari e potrà quindi essere applicato in tutta la Regione negli ospedali individuati dal “Piano ospedaliero Sars-CoV-2”. Nei prossimi giorni si potrà procedere alla sperimentazione sui pazienti.