Il meraviglioso borgo del Sud dove le acque si tingono di viola al tramonto: la leggenda di Scylla

Arroccata su uno sperone a picco sul mare, Scilla in Calabria, è uno dei borghi più caratteristici d'Italia: al tramonto, quando cala pian piano la notte e il cielo diventa rosso di fuoco, le acque sottostanti al piccolo borgo diventano di colore viola. Uno spettacolo così affascinante e ammaliante da dare il nome alla costa dove sorge il borgo, la Costa Viola.

La prima cosa che salta all'occhio nel vedere questo gioiello naturale è il Castello dei Ruffo, antico e austero maniero che domina la città antica: piccole case strette l'una alle altre, con solo piccolissimi vicoli a separarle, moltissime chiese antiche e nuove, fontane tutto sembra avere le basi direttamente nello scoglio sottostante, a rendere ancora più magico un luogo pieno di storia e leggende.

Si suppone, che l'origine di Scilla sia da ricercare nell'orizzonte della storia che si perde nella mitologia, all'epoca della guerra di Troia, degli eroi greci e dei viaggi di Ulisse. Questo borgo è stato d'ispirazione a moltissimi artisti perché l'aria è invasa dall'odore di salsedine e di leggende romantiche: Dante la cita nella "Divina Commedia",  Ovidio  nelle "Metamorfosi" e Alexandre Dumas ne scrisse: "Arrivai in città ammirando la strana posizione. Costruita su una altura discende come un lungo nastro sul versante orientale della montagna, poi girandosi a guisa di 'S' viene a distendersi lungo il mare."

La Leggenda di Scylla

La leggenda vuole che Scylla fosse una ninfa marina di ineguagliabile bellezza, dagli occhi azzurri profondi come il mare che amava le acque dello Stretto, passava il suo tempo immergendosi e ammirandone la perfezione. Mentre la ninfa faceva il bagno presso una delle spiagge di Zancle (l'odierna Messina), un pescatore di nome Glauco la vide e se ne innamorò perdutamente.

La ninfa alla vista dell'umano che la fissava scappò, rifugiandosi sulla vetta della sperone; Glauco non si perse d'animo, nonostante la ninfa fosse scappata da lui cominciò a urlare il suo amore con le parole più gentili che conosceva, ma la ninfa ancora più terrorizzata fuggì via, immergendosi nelle profonde acque cristalline lasciandolo completamente solo.

Glauco con il cuore infranto si recò da Circe, una maga di rinomata fama, per chiederle un filtro d'amore: come ricompensa per il filtro la maga voleva che il pescatore si unisse a lei. Glauco rifiutò di giacere con lei e tradire l'amore che sentiva per la ninfa, Circe furiosa per essere stata rifiutata da un mortale decise di vendicarsi.

La maga attese che Scylla uscisse allo scoperto per il suo solito bagno, quando la vide versò in mare un potentissimo filtro: alla ninfa crebbero al posto delle sue graziose gambe ben 6 teste di cane che latravano ingorde e inarrestabili, ogni testa aveva code di serpente lunghissime. Accortasi delle mostruosità che era divenuto il suo corpo, Scylla si esiliò nello scoglio di fronte a quello di Cariddi.