Il generale rivoluzionario che salvò molte vite era del Sud

Gabriele Pepe apparteneva ad una famiglia nobile di Civitacampomarano un comune del Molisano nei pressi di Campobasso il 7 dicembre 1779. Ebbe un adolescenza abbastanza travagliata, perse la madre nel 1794 e il padre fu accusato di Giacobismo nel 1795 per poi essere arrestato ed esiliato.

Condusse la carriera militare sotto vari regimi: si arruolò dapprima nell'esercito napoletano nel 1797,come alfiere ed in seguito alla disfatta della Repubblica Napoletana fu prima condannato a morte, mai avventuta per la giovane età e poi esiliato; si arruolò poi, nelle truppe francesi di Napoleone Bonaparte nella campagna in Spagna. In questa occasione si distinse per eroismo e virtù militare ed ottenne la promozione a Capo Battaglione solo al ritorno in Patria. Fece ritorno nel suo paese d'origine Civitacampomarano, dopo un ferimento, con la promozione di Colonnello. Trasferito poi in Calabria, compose divese opere letterarie e scientifiche, fino a che nel 1820 venne eletto Deputato come conseguenza dei moti costituzionali.

Durante gli anni da militare scrisse diversi resoconti su Giuseppe Bonaparte, Re di Napoli, e Gioacchino Murat comunicando efficacemente i pregi e le mancanze di tali governi; le prime opere letterarie e scientifiche nate durante il trasferimento in Calabria sono solo la più piccola parte del suo lavoro creativo che vede il culmine con il secondo esilio a Firenze, avvenuto a causa della restaurazione della monarchia nel regno di Napoli. Malgrado si mantenesse dando lezioni ad alcuni nobili fiorentini, partecipò all' “Antologia” e ad altri circoli letterari del luogo, conobbe grandi personalità come Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni e Carlo Poerio, e si consacrò alla storia come il colto eroe molisano, che diede ampio sfogo a tutta la sua cultura e conoscenza.

Venne nominato nel 1848 Generale della Guardia Nazionale e diresse la ristrutturazione militare della Seconda Costituzione del Regno delle due Sicilie ma rifiutò di entrare a far parte del governo, pur essendo stato eletto con maggioranza assoluta come deputato. Nello stesso anno l'intero regno fu scosso da feroci proteste proprio a causa del rifiuto di Ferdinando II di porre giuramento sulla Seconda Costituzione: i cittadini eressero barricate contro l'esercito reale fomentati dai rivoluzionari e l'esercito reagì con estrema violenza soffocando la rivolta nel sangue, a nulla valsero gli appelli dei deputati, tra cui Gabriele Pepe.

Le ultime negoziazioni con il re, ad opera dei deputati all'interno di Palazzo Cirella furono inutili. I gendarmi entrarono all'interno del palazzo e uccisero chiunque non si arrendesse, quelli che si arresero vennero condotti alla Darsena e imbarcati su una nave reale adoperata come prigione, qui il Generale Gabriele Pepe organizzò l'evasione e conduce i prigionieri negli Stati Pontifici.

Subito dopo Re Ferdinando, nel 1849, emanò mandato d'arresto per il Generale Pepe, a cui sfuggì perché morì. Venne seppellito con tutti gli onori nella Chiesa di San Giorgio nella sua città natale.