Alzheimer, al Sud arriva un'applicazione per curare i pazienti da casa

La tecnologia al servizio dei pazienti affetti da Alzheimer. Dal Sud arriva un'applicazione innovativa per curare anche da casa le persone colpite da demenza senile. La nuova app si chiama "Care2Dem" ed è frutto di un progetto che vede anche la sinergia di due enti baresi, l'Irccs Maugeri di Bari e l'associazione Alzehimer di Bari, insieme all'Istituto Santa Chiara di Lecce e alla Plus Innovation.

Il progetto ha come obiettivo quello di sviluppare un'applicazione per tablet dedicato al paziente affetto da Alzheimer e di una App per supportare il caregiver, ossia colui che si occupa di assistere l'anziano. La nuova app permetterà di svolgere sedute di stimolazione cognitiva direttamente da casa, personalizzate per ogni tipo di persona in cura.

Tra i pionieri di questa innovazione tecnologica nella medicina troviamo il Csm di Mola, nell'ambito del Dipartimento di Salute Mentale della Asl: "Il risultato di un lavoro decennale a sostegno dei pazienti affetti da questa patologia portato avanti dal Centro di Salute Mentale di Mola che ha al suo interno l'Uva (Unità di Valutazione Alzheimer): in dieci anni di attività sono stati infatti presi a carico e curati circa 500 utenti affetti da deterioramento cognitivo e demenze", spiegano in una nota dall'Asl.

"La ricerca epidemiologica nel campo delle demenze ha accertato il nesso molto stretto esistente tra manifestazioni della malattia e avanzamento dell'età, soprattutto per quanto riguarda la malattia di Alzheimer - ha dichiarato al quotidiano Bari Today il dottor Alfredo Sgaramella, direttore del Csm di Mola - con tassi di prevalenza che oscillano attorno al 5% nei soggetti che superano i 65 anni, che tendono a raddoppiarsi ogni cinque anni nell'arco di età compreso tra 65 e 85 anni".

Di recente, per la prima volta in Italia, è stato testato al Sud su un paziente un farmaco innovativo contro l'Alzheimer. Si tratta del leuco-metiltioninio bis idrometansulfonato (Lmtm), utilizzato per "sciogliere" le proteine tossiche che invadono il cervello degli anziani affetti dalla malattia. Lo studio è stato battezzato "Lucidity" e prevede la somministrazione del farmaco a circa 2.300 pazienti nel mondo attraverso una selezione svolta dai principali centri per la ricerca e cura delle malattie neurodegenerative.