Misurata la "memoria" di un vulcano meridionale per prevedere le possibili eruzioni

Uno studio scientifico italiano e internazionale ha misurato la "memoria" del vulcano Stromboli per stimare le probabilità di eruzioni più pericolose: i dati della ricerca hanno registrato che le eruzioni avvengono in media al ritmo di una ogni quattro anni. Il risultato, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, è stato possibile grazie al brillante lavoro dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e all'Università britannica di Bristol.

"Lo studio mostra come, in termini di occorrenza dei fenomeni esplosivi più violenti dell'ordinario, lo Stromboli stia attraversando, negli ultimi anni, una delle fasi di attività più intense della sua storia recente", ha spiegato all'Ansa Augusto Neri, direttore del dipartimento Vulcani dell'Ingv. "La stima della 'memoria' dell'attività esplosiva più intensa dello Stromboli - ha aggiunto - potrà dare un significativo contributo alla quantificazione della pericolosità di questi fenomeni e, di conseguenza, alla riduzione del rischio associato".

Il vulcano siciliano è conosciuto per la sua attività esplosiva di bassa energia e in alcuni occasioni persistente, com'è accaduto il 3 luglio e il 28 agosto 2019, quando si sono verificate esplosioni più intense e improvvise (chiamati "i parossismi stromboliani"). L'obiettivo di questa importante ricerca è quello di stimare la frequenza con cui avvengono questi eventi e verificare se il vulcano sia dotato di una sua "memoria, vale a dire se è possibile individuare una ricorrenza statistica tra un'eruzione parossistica e la successiva".

I ricercatori hanno così analizzato 180 eruzioni molto violente accadute a Stromboli dal 1879 al 2020, 36 dei quali sono parossismi analoghi a quelli dell'estate 2019. Dallo studio è emerso "che il tasso annuale medio dei parossismi degli ultimi 140 anni è stato di 0.26 eventi all'anno ovvero un evento ogni quattro anni circa", ha dichiarato all'agenzia di stampa nazionale Massimo Pompilio, dell'Ingv. Si tratta di un dato molto simile a quello riscontrato negli anni Quaranta, quando gli eventi parossistici erano più frequenti. Lo studio ha messo in evidenza, dunque, che il vulcano meridionale alterna periodi di quiete a periodi di intensa attività eruttiva.