Coronavirus, ospedale del Sud raddoppia i posti in terapia subintesiva

Da oggi l'ospedale Cotugno di Napoli ha raddoppiato i posti letto in terapia subintensiva. Il reparto dunque passerà dagli attuali otto posti letto previsti dal piano ospedaliero, a sedici. Una decisione dipesa probabilmente anche dall'andamento della curva dei contagi da Coronavirus in Campania e in Italia, che in questi ultimi giorni tendono di nuovo a salire. Ieri nella nostra penisola i casi sono stati ben 1.367, mentre nella regione campana 135.

La scelta dell'ospedale Cotugno, da sempre in prima linea nella battaglia contro il Covid dall'inizio della pandemia, è stata presa dalla direzione in conseguenza del fatto che, come ha spiegato ai microfoni del quotidiano 'Il Mattino' il direttore generale dell'Azienda dei Colli, Maurizio Di Mauro: "Ci siamo resi conto che sul territorio quello che occorre maggiormente dal punto di vista assistenziale è la sub intensiva. Il compito dell'ospedale è poter accogliere i soggetti che hanno necessità e noi non ci tiriamo indietro. Non abbiamo difficoltà dal punto di vista organizzativo e siamo pronti ad affrontare qualsiasi tipo di emergenza".

Nella struttura ospedaliera partenopea si contano 11 ricoverati in terapia sub intensiva e 2 in terapia intensiva entrambi intubati di cui uno, di 92 anni, trasferito nella nella sera del 25 agosto ad Ischia con diverse patologie annesse. Inoltre, per affrontare al meglio l'attuale risalita dei ricoveri, sempre a Napoli lunedì ha riaperto il Centro Covid del Loreto Mare, per affrontare un eventuale peggioramento rispetto al numero di contagi. A tal proposito, Maria Corvino, capo dipartimento ospedaliero dell'Asl, ha fatto appello al "senso di responsabilità di tutti nell'uso della mascherina e nel rispetto del distanziamento".

La settimana scorsa Giuseppe Fiorentino, primario dell'unità operativa di Pneumologia del Monaldi/Cotugno, ha chiarito il punto della situazione sul decorso della malattia: "Nei contagiati osserviamo soprattutto forme leggermente sintomatiche con febbricola, astenia, tosse, perdita di gusto e olfatto. I nuovi malati sono più giovani: l'età media si è abbassata di almeno venti anni rispetto al periodo del lockdown. Ospitiamo ricoverati soprattutto nella fascia di popolazione dei 40enni e 50enni che godono di condizioni di salute di base molto migliori di 70 e 80enni che si ammalavano all’inizio".

"Nelle forme importate più aggressive ha sempre lo stesso decorso, ma ripeto lo curiamo meglio e le persone colpite sono sane e più forti. Col lockdown godiamo di un certo vantaggio di cui possiamo ancora fruire. Nessuno sa se la situazione, col progredire dei contagi, possa tornare a quella di esordio. Per questo abbiamo il dovere di essere attenti e di difendere le parti più fragili e anziane della popolazione. Giovani ammalati gravemente? Ne ho visti solo alcuni con patologie di base", ha concluso il primario.