Cosa c'è nelle verdure che mangiamo: lo studio rivoluzionario del Sud

Nelle prime settimane di lockdown per il Coronavirus, erano subito emersi gli aspetti positivi della chiusura totale del Paese: le ripercussioni positive sull'ambiente. Questo ha aperto nuove finestre di discussione e osservazione sui danni che l'inquinamento crea al cosmo e di riflesso alle nostre vite.

Su questa scia si inserisce un'importante ricerca realizzata dal gruppo del Laboratorio di Igiene ambientale e degli alimenti dell’Università di Catania, con la firma dei ricercatori Gea Oliveri Conti, Margherita Ferrante, Claudia Favara, Ilenia Nicolosi, Antonio Cristaldi, Maria Fiore e Pietro Zuccarello dell’ateneo catanese, insieme con Mohamed Banni del Laboratoire de Biochimie et Toxicologie Environnementale di Sousse in Tunisia, pubblicata nei giorni scorsi sulla scientifica Environmental Research.

Questo studio, come riporta La Sicilia, rivela per la prima volta al mondo le concentrazioni di microplastiche contenute nella parte commestibili di alcuni tipi di frutta e verdura consumati in Italia. I dati pubblicati sono stati ricavati nel Laboratorio etneo (diretto dalla prof.ssa Margherita Ferrante) grazie all'applicazione del brevetto catanese su vegetali commestibili (tra la frutta mele e pere, mentre tra le verdure patate, carote, lattuga e broccoli) aprendo uno scenario nuovissimo.

I numeri, infatti, presentano una contaminazione con dimensioni medie delle microplastiche da 1,51 a 2,52 microns e un range quantitativo medio da 223mila (52.600-307.750) a 97.800 (72.175-130.500) particelle per grammo di vegetale, rispettivamente in frutta e verdura.

La ricerca mostra come l'impatto dei rifiuti plastici presenti nei mari e nei corsi d'acqua provochi un riflesso negativo su habitat naturali e fauna selvatica, e questo è un problema emergente mondiale, tanto che l'European Food Safety Autority ha già richiesto un primo passo verso la valutazione dei rischi che i consumatori corrono per la presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti, soprattutto nei prodotti ittici.

Ora, visto che emergono nuovi dati scientifici sui possibili effetti sulla salute per la presenza di micro e nanoplastiche nella catena alimentare, si potrebbero anche prendere in considerazione misure più consone con prove di evidente rischio per gli uomini.