Coronavirus, al Sud diffusione limitata grazie a uno "scudo genetico"

È un dato di fatto che la diffusione del Coronavirus nel Meridione dall'inizio dell'emergenza sanitaria ha presentato numeri molto contenuti rispetto al Nord. Questo è successo probabilmente perché si è agito in maniera significativa dal momento iniziale della curva epidemica, adottando subito tutte le misure di sicurezza necessarie per contenere i contagi, oppure anche per il clima mite favorevole determinante nella propagazione del virus. Tra le ipotesi varate da esperti virologi, adesso ne arriva una molto interessante dal medico e ricercatore napoletano Antonio Giordano trapiantato negli Usa che abbiamo anche intervistato recentemente per avere un suo punto di vista su alcuni temi riguardanti la pandemia da Covid-19.

Secondo l'oncologo partenopeo il Sud Italia potrebbe essere stato protetto da una sorta di "scudo genetico" che ha rallentato la circolazione del virus rispetto al Nord. La spiegazione dello scienziato Giordano arriva ai microfoni di Adnkronos Salute, attraverso la disamina di un articolo di cui è autore insieme ad altri scienziati pubblicato su "Frontiers Immunology". Il titolo è "Covid-19 e alta mortalità in Italia: non dimentichiamo la suscettibilità genetica". L'idea di fondo è che tra i fattori che hanno rallentato la diffusione dell'epidemia nel Sud Italia ci sia anche una interazione tra "Dna e ambiente". Insomma esisterebbe, a detta di questa ricerca, una forma di difesa stampata nel nostro codice genetico contro gli effetti più gravi del Coronavirus e questo "scudo protettivo" sembra essere presente più al Sud che al Nord.

Uno studio molto dettagliato ancora in elaborazione che mette in correlazione le difese del nostro codice genetico con l'ambiente. Non a caso, il ricercatore meridionale Antonio Giordano, oltre ad essere fondatore e direttore dell'Istituto Sbarro per la ricerca sul cancro e la medicina molecolare di Filadelfia e professore di Anatomia patologica all'Università di Siena, ricopre anche l'incarico di delegato del Ministero dell'Ambiente sui legami tra malattie e condizioni ambientali. Durante la Fase 1 dell'emergenza Giordano ha avviato una serie di collaborazioni con altri colleghi meridionali firmando questa importante pubblicazione con Pierpaolo Correale e Rita Emilena Saladino del Grand Metropolitan Hospital di Reggio Calabria, Giovanni Baglio del Ministero della Salute e Francesca Pentimalli dell'Istituto Tumori di Napoli.

Questa ricerca afferma dunque che "uno specifico assetto genetico, costituito da particolari varianti dei geni Hla, potrebbe essere alla base della suscettibilità alla malattia da Sars-Cov-2 e delle sue severità. Mentre alcuni hanno proposto che condizioni climatiche più miti potrebbero aiutare a prevenire la diffusione virale, nel nostro studio ci chiediamo se una precisa costituzione genetica possa contribuire a proteggere i cittadini del Sud. Ulteriori studi su larga scala potrebbero far luce su questo possibile aspetto, ma le solide basi per pensarlo già esistono: stiamo aumentando la casistica per arrivare al dato finale" , ha spiegato lo scienziato napoletano Antonio Giordano.

Alle obiezioni che sono arrivate a questo studio che riguardano le persone meridionali emigrate successivamente al Nord, il medico partenopeo ha chiarito rispondendo che "ci sono complesse interazioni tra genetica e ambiente. Dobbiamo considerare anche una serie di fattori importanti che stiamo esaminando, non ultimo il possibile ruolo dell'inquinamento da polveri sottili".