Nardò e il suo Patrono: storia di San Gregorio Armeno

I neretini gli sono molto devoti. La tradizione vuole che sia merito suo se il devastante terremoto del 1743 abbia causato pochissime vittime.

Anche per questa ragione, San Gregorio Armeno è il Santo Patrono della città di Nardò, comune in provincia di Lecce ed è celebrato ogni 20 febbraio, ultima data di una 7 giorni di festa molto sentita dalla popolazione locale.

La storia di San Gregorio

San Gregorio nasce in Armenia nella seconda metà del III secolo d.C. Membro della stirpe reale degli Arsacidi, è costretto a fuggire in Cappadocia con la famiglia, in seguito all'omicidio del re Cosroe I da parte del padre Anak. Qui, a Cesarea, grazie all'influenza della madre Okohe e nobile Eutalio, si converte al cristianesimo e, una volta rientrato in patria, diviene monaco e vive in prima persona la persecuzione ordinata dal monarca Tiridate III nei confronti dei cristiani. Arrestato e incarcerato nella fortezza di Artashat, vi resta per 13 anni. È liberato dopo aver guarito il sovrano e, così, ottiene la sua conversione e il riconoscimento del cristianesimo come religione ufficiale del regno. Nel 302 diventa Patriarca d’Armenia e il principale punto di riferimento per la comunità cristiana. Trascorre l'ultimo periodo della sua vita da eremita e muore sul monte Sepouh all’incirca nell’anno 328. I resti sono trasportati nel villaggio di Tharotan e alcune sue reliquie sono sparse in giro per il mondo.

A Nardò si trovava una parte dell’avambraccio con la mano benedicente che i monaci armeni in fuga da una persecuzione iconoclasta avrebbero trasportato in Italia. Contenuta in un reliquario in argento rubato negli anni ’70, fu sostituito da una copia con metacarpo, donata al comune salentino dal cardinale Corrado Ursi, già vescovo della città.

Il terremoto e l'intercessione

La tradizione afferma che la statua del Santo, posta sul Sedile in piazza Antonio Salandra, si sia rivolta verso ponente, in direzione dell’epicentro del sisma che alle ore 16.30 del 20 febbraio 1743 interessò tutta la Puglia. In questo modo, il Beato avrebbe limitato il numero di morti e la devastazione. Da diversi documenti storici risulta, comunque, che già prima di questo episodio, la comunità neretina era legata al vescovo orientale e lo aveva "eletto" a patrono.