Giuseppe De Donno, aperta un'inchiesta sulla sua morte: "Professionista eccellente, ma disilluso"

La Procura di Mantova ha aperto un'inchiesta sulla morte di Giuseppe De Donno, ex primario di pneumologia dell'ospedale Carlo Poma e padre della terapia anti-Covid con plasma iperimmune, che si sarebbe suicidato impiccandosi all'età di 54 anni. Ha lasciato "un vuoto incolmabile", secondo gli ex colleghi dell'ospedale Carlo Poma di Mantova e la direzione dell'Asst che, come riporta il Corriere della Sera, lo ricordano come "un professionista eccellente e di grande umanità", seppur "disilluso".

Il medico pugliese originario di Maglie, in provincia di Lecce, è stato ritrovato martedì scorso dai familiari nella sua casa di Eremo di Curtatone, ma la procura vuole capire se nel suicidio ci sia la responsabilità di terzi. Nei caldi mesi della pandemia dello scorso anno era diventato il simbolo della lotta al Coronavirus condotta con plasma prelevato ai contagiati e guariti e poi trasfuso ai malati.

La sua battaglia per imporre la terapia aveva suscitato molte polemiche, dividendo l'opinione pubblica sui social tra pro e contro. L'equipe di Pneumologia e un gruppo di colleghi di altri reparti lo hanno voluto ricordare "per la sua totale abnegazione sia come medico che come primario, con un'attenzione quasi spasmodica ai bisogni e al benessere dei pazienti non solo dal punto di vista clinico ma soprattutto umano".

E De Donno infatti viene ricordato anche dal punto di vista umano: "Giuseppe era a momenti solare e in altri ombroso, perché disilluso da qualcosa o infastidito o arrabbiato per non poter fare ciò che sperava per i malati; aveva mostrato una caparbietà nel tragico periodo della pandemia, ma che in parte lo ha profondamente logorato e stancato, come è successo a tanti di noi e forse a lui più che a tutti. Ci auguriamo - conclude la nota - che ora può ritrovare quella pace e quella serenità che qui gli mancavano".