Coronavirus, uno studio conferma: i raggi del sole spengono il virus

Il sole è nemico del Coronavirus? In queste settimane i virologi e gli esperti si avvicendano con le loro teorie sulla questione: secondo alcuni, l'estate distruggerà il virus, secondo altri no. Nel corso degli anni, gli studi su differenti virus, incluso il SARS-CoV-1, hanno dimostrato che la loro sopravvivenza in un certo ambiente dipende da molti fattori, tra i quali la temperatura, l’umidità, l’esposizione ai raggi solari ed il materiale in cui il virus è sospeso.

In queste settimane, in alcune ricerche, si è osservato che il SARS-CoV-2 può persistere su superfici non porose per molti giorni e in ambienti interni a 23 ⁰C con 40% di umidità relativa, oppure a 22 ⁰C con 65% di umidità.

Di recente, come spiega l'oncologo napoletano Antonio Giordano, sul Journal of Infectious Diseases è stato pubblicato un articolo in cui vengono riportate le prime evidenze del possibile ruolo dei raggi solari sul del SARS-CoV-2.

Secondo i risultati dello studio, in una giornata estiva ci sarebbe un'inattivazione virale del 90% ogni 6,8 minuti, mentre in condizioni di solstizio invernale il 90% di inattivazione virale si è registrata dopo 14,8 minuti.

Questi dati possono suggerire, quindi, che la trasmissione del virus sia più scarsa con l'esposizione al sole in ambienti esterni, ma il tutto è comunque condizionato dal livello di esposizione ai raggi UVB.

Anche se ci sono altre variabili da prendere in considerazione e che influenzano il rischio di esposizione al virus in un ambiente esterno (come la carica virale presente sul luogo del contatto), questo studio dimostra che i raggi solari diminuiscono il rischio di esposizione in un ambiente esterno rispetto ad un ambiente chiuso, disattivando il virus in tempi molto più veloci, come se fossero una specie di disinfettante potentissimo.

In effetti questa teoria sembra già essere confermata dai dati, che in Italia continuano a mantenersi bassi.