Lascia il lavoro a Milano e torna al Sud per aiutare sua figlia

Un giovane padre, originario di Terlizzi (in provincia di Bari), ha abbandonato la sua carriera a Milano per tornare nel suo Paese e aiutare la sua bambina, che soffriva molto per l'aria inquinata della metropoli meneghina.

La storia di Raffaele - questo il nome dell'uomo - l'ha raccontata Inchiostro di Puglia, che ha pubblicato un post inviato in redazione proprio dal protagonista.

Il suo racconto è commovente, ed è la storia di chi ha fatto il viaggio opposto rispetto a quello tradizionale: dal Nord al Sud, e per restare. E' la storia di chi tocca con mano quello che offre di concreto il Nord, ma che poi sceglie di lasciare perché al Sud c'è qualcosa di più prezioso per chi ama.

Questa la sua lunga lettera:

"Caro Inchiostro, sono Raffaele, un tuo follower di vecchia data.

Leggo sempre le tue storie, e sono molto contento quando proponi storie di successo di miei conterranei.

La mia storia è differente e per ora ha solo un "mezzo" lieto fine...

Terlizzi mi stava stretta, Bari mi stava stretta, l’Italia con tutti i suoi problemi mi stava stretta. E così nel 2012 sono partito per andare a completare la Laurea in Marketing negli USA.

Mai avrei pensato di tornare in Italia, mai avrei pensato di tornare in Puglia ma come dici tu "La Puglia è uno stato d’animo".

Così sono rientrato in Italia (dopo essermi laureato) ed ho cominciato a lavorare per grandi aziende al Nord. Mestre, Milano, Treviso. Insomma traslochi in rapida successione, sembrava di essere su una giostra in continuo movimento.

Nel 2015 mentre lavoravo a Treviso è arrivata la mia gioia più grande, ovvero mia figlia Aurora.

Da lì le cose sono diventate più complesse.

Da quando aveva l'età di 10 mesi abbiamo dovuto accompagnare la bimba al nido, perché si sa, la vita al nord è più cara e anche la mia compagna doveva lavorare. Mentre la mia casa si è trasformata in una farmacia (fortunatamente nulla di grave) ma la mia piccola Principessa stava sempre male.

Cicli e cicli di antibiotico ad una bimba così piccola, ma non si poteva fare diversamente. A farmi “ribollire il sangue” il consiglio della pediatria che diceva “Aurora ha bisogno di mare, sole e vitamina D” ed io Pugliese con il mare a due passi che non potevo dare a mia figlia quello di cui aveva bisogno.

Poi la svolta, una multinazionale mi assume e mi propone un contratto a tempo determinato ma con una promessa: “Abbiamo un grande progetto per te, in Puglia!!” Non potevo crederci, tornavo a casa!

Era il 2017, per due anni è stato come vivere un sogno. Ottimo lavoro. Aurora che finalmente stava bene e aveva ciò che le serviva. La mia compagna che apre un negozio tutto suo.
Cosa volere di più?

Ma c’è sempre un prezzo purtroppo, la multinazionale deve fare economia: "Hai fatto un ottimo lavoro Raffaele ma tanti saluti. Niente tempo indeterminato. I piani sono cambiati."

Così adesso ho un lavoro precario e mal pagato. E per quei pochi colloqui che riesco a fare "ho troppa esperienza" oppure "non ho abbastanza esperienza". Va così.

E intanto resto precario. Ogni mattina mi alzo presto, mi guardo allo specchio e mi chiedo "Ma perché non sei a Milano?". "Ma perché non te ne vai di nuovo?".

Poi passo dalla cameretta di mia figlia “mi affaccio” e la vedo dormire tranquilla e mi chiedo: "Sta bene? Sì, sta bene. Le manca qualcosa? Per fortuna no, più o meno riesco a darle ciò che le serve".

E allora sciam nanz che un’altra giornata abbia inizio".