Addio Kobe Bryant, un campione immenso che amava il Sud Italia

Il mondo è a lutto per Kobe Bryant. Il re della NBA ha perso la vita ieri sera mentre accompagnava sua figlia in elicottero ad una partita. E' morta anche lei, così come le altre persone a bordo del velivolo. La tragedia, immensa, toglie il fiato. Oggi c'è spazio solo per il dolore e per gli omaggi a un campione speciale, la cui rilevanza trascendeva il semplice campo sportivo.

Kobe nella sua carriera ha vinto tutto: cinque campionati della Nba, due medaglie d’oro olimpiche (Pechino 2008, Londra 2012), ma più di tutto ha conquistato la stima di tutto il mondo, grazie al suo essere il prototipo dell'asso autentico, in vita.

Era esigente con i compagni perché lo era prima di tutto per se stesso. Dava e chiedeva tutto. Era maniacale nel lavoro in palestra, attento ad ogni minimo dettaglio tattico. Era capace di giocarsi una stagione in un tiro, come succede ai predestinati, e quel tiro lo metteva a segno.

L'amore di Kobe Bryant per il Sud Italia

Forse pochi sanno che Kobe ha amato l'Italia, e soprattutto il Sud. Non è stato soltanto un bimbo "americano", perché da piccolo ha seguito il padre, giocatore professionista, nel nostro Paese. Dai 6 ai 13 anni ha vissuto tra Rieti e Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia, imparando bene l’italiano, facendo qui elementari e medie, oltre al minibasket.

Nel suo cuore, oltre a Reggio Calabria, c'erano anche Napoli e Capri (non a caso la sua ultima figlia si chiama proprio Capri). Nella città partenopea è stato più volte quando il padre giocava in trasferta al Mario Argento di Fuorigrotta, e proprio a Napoli ha respirato il mito di Diego Armando Maradona, che ammirava.

A Capri, invece, ha trascorso molte vacanze, insieme alla sua famiglia, e spesso è stato immortalato sull'isola in momenti spensierati e felici.