Sapete che una città del Sud era abitata dalle scimmie?

Lo sapevate che Ischia era chiamata anche "l'isola delle scimmie"? E perché? Innanzitutto, come molti già sapranno, Ischia un tempo era denominata "Pithekoussai", un termine che pare derivasse dalla parola greca "pithekos", che significa scimmia. Ma cosa c'entrano le scimmie con l'isola partenopea? Scopriamolo insieme.

Ischia, l'isola delle scimmie

La presunta derivazione etimologica della parola Ischia va ricondotta a un certo Xenagora, personaggio misterioso di cui non si sa molto, il quale ha diffuso e tramandato la leggenda secondo cui l'isola fosse popolata da scimmie, e più precisamente da due esseri malvagi trasformati in quell'animale da Zeus-Giove, che decise di punirne la condotta.

La diffusione della leggenda su Ischia

Questo mito sull'isola di Ischia è stato ripreso anche dal più importante lessico greco a noi giunto, il "Suda", che contiene appunto il riferimento a Xenagora. Anche nella letteratura più recente ci sono accenni al riguardo, come nel testo "Brevi e succinte notizie di storia naturale e civile dell’isola d’Ischia" , in cui Francesco De Siano scrive: "Erano in detta isola due fratelli denominati Candolo ed Atlante, scelleratissimi inventori di ogni malvagità e perciò soprannominati Cercopi, da certi animali che, col movimento della coda, fanno mille lusinghe ed inganni, nome dato da Giove ai truffatori ed ingannatori, com’eran costoro. La mira di questi era d’ingannare tutti i viaggiatori che capitavano, ed avendo finalmente tentato di usare le loro male arti contro lo stesso Giove il medesimo, sdegnato, li trasformò in simie (scimmie)".

La letteratura contemporanea

La leggenda è stata citata anche in epoca contemporanea, ad esempio da Pierre Grimal, che nel 1979 scrive: "I briganti Cercopi, i due fratelli Euribato e Frinonda erano figli di Teia, una delle figlie di Oceano. Di alta statura e di notevole forza, i Cercopi depredavano i viandanti e li mettevano a morte. (…) I Cercopi (…) continuarono (…) la loro vita di rapine e brigantaggio, fino al giorno in cui Zeus, irritato per il loro comportamento, li trasformò in scimmie e li trasportò nelle due isole che chiudono la baia di Napoli: Procida e Ischia. I loro discendenti vi presero dimora, e sembra che da ciò derivi il nome che portava questo arcipelago nell’antichità. Lo si chiamava ‘le isole delle scimmie’, le Pitecuse".

Il filone di Plinio

Secondo Plinio, invece, esiste un'altra interpretazione etimologica del termine, che non è in relazione con le scimmie, ma derivi invece dai dolii, in greco pithoi, un termine che può collegarsi alla fabbricazione di anfore o ai vasi in terracotta. E questo filone, avvalorato dalla fiorente attività ceramica presente nell'isola sin dalle prime fasi della sua esistenza, è certamente la più convincente.

Il frammento che avvalora la presenza delle scimmie ad Ischia

Ma c'è un elemento archeologico che fa propendere, invece, per la presenza delle scimmie ad Ischia nell'VIII secolo a.C.: su frammento di un cratere fabbricato sull'isola, infatti, vi è rappresentata una figura strana. Secondo alcuni, sarebbe la coda di una scimmia che si tiene la testa tra le mani, accovacciata con i gomiti sulle ginocchia. Il nome all'isola, quindi, lo avrebbero davvero dato dei navigatori colpiti dalla presenza delle scimmie.

Mito o leggenda?

Come tutte le cose, anche in questo caso non è possibile tracciare un confine netto tra mito e leggenda, per cui l'origine dell'isola di Ischia sarà sempre avvolta intorno a un velo di mistero...