Le immagini del supervulcano dei Campi Flegrei: la caldera sotterranea in 3D

Il Sud Italia è una terra vulcanica ancora molto attiva. Tra Campania e Sicilia i vulcani regalano tanto fascino ma incutono anche tanta paura. Oltre ai vulcani emersi e visibili, come l'Etna o il Vesuvio, però ci sono anche altri sistemi vulcanici sotterranei che, in quanto non visibili, suscitano curiosità e ancora più timore per le popolazioni che ci vivono sopra.

In particolare oggi vogliamo parlare dei Campi Flegrei, in provincia di Napoli. Uno studio mostra il vero volto del supervulcano presente sottoterra. A realizzarlo è stato l'Osservatorio Vesuviano dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse dell’Università Federico II di Napoli.

Lo studio, pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” ha ricostruito in 3D il bacino sotterraneo della caldera dei Campi Flegrei, che presenta una forma simile a quella di un imbuto. La sua forma favorisce l’accumulo di fluidi che, nel caso di una ripresa delle attività vulcaniche, potrebbero aprire nuove bocche eruttive. Per avere le immagini del supervulcano è stata utilizzata la tecnologia tomografia di resistività elettrica wireless che ha permesso di ottenere un modello tridimensionale dei primi 500 metri della caldera flegrea. Nello specifico, tale tecnologia misura la resistenza che i materiali del sottosuolo offrono al passaggio di un certo grado di corrente elettrica, permettendo in tal modo di identificare le strutture sepolte.

Roberto Isaia, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e co-autore dello studio, ha dichiarato: «Grazie al dettaglio con cui sono state definite per la prima volta le strutture di profondità del vulcano Solfatara, della zona di degassamento di Pisciarelli, della piana di Agnano e di altre strutture del settore la nostra ricerca rappresenta un importante elemento di novità nel quadro delle conoscenze strutturali della caldera flegrea».

Antonio Troiano, co-autore dello studio, ha continuato dicendo che i risultati ottenuti «ci aiuteranno a fornire elementi utili per sviluppare e perfezionare modelli fisico-matematici volti a comprendere i fenomeni fumarolici, idrotermali e sismici attualmente in corso nonché la loro possibile evoluzione».