Donna licenziata dopo 18 anni perché "digitava troppo poco": come si è giustificata l'azienda

Il Covid ha cambiato le nostre esistenze e, sotto certi aspetti, anche il modo di lavorare. Sempre più persone, infatti, hanno l'opzione di farlo da casa. Tuttavia alcuni datori di lavoro monitorano con attenzione i loro dipendenti e, in casi estremi, arrivano a licenziarli, com'è successo a una donna australiana.

Nei mesi più duri dell'emergenza Covid, milioni di lavoratori sono stati costretti a lavorare da casa. Chi ha (o aveva) un lavoro per cui è necessario solo un computer, si è regolato di conseguenza. Dall'estate del 2022, il Covid è sparito dalla narrazione dei giornali e nel 2023 le emergenze che sembrano interessare l'opinione pubblica sono altre. Da quando i governi mondiali hanno revocato lo stato di emergenza, il cosiddetto smart working è diventato facoltativo. Alcune aziende pretendono che i dipendenti tornino in ufficio, altre concedono loro di lavorare da casa senza problemi.

Più di un imprenditore ha espresso perplessità nei confronti del lavoro da remoto. Molte aziende hanno gli strumenti per controllare che un dipendente faccia il proprio dovere, ma in certi casi è più difficile assicurarsi che abbia svolto un buon lavoro. Almeno in tempo reale. Una donna australiana è stata licenziata dalla Insurance Australia Group dopo ben 18 anni di lavoro. La sua colpa? "Aver digitato troppo poco" mentre lavorava da casa. Ironia della sorte? La donna era tenuta a controllare le performance dei dipendenti che lavoravano da remoto.

La donna licenziata perché "digitava troppo poco"

Suzie Cheikho, questo il suo nome, avrebbe disertato "un numero alto" di chiamate di lavoro e spesso sarebbe risultata irreperibile. Secondo la sua ex azienda, i suoi mancati report sarebbero perfino costati una multa da parte della Comissione australiana contro lo sfruttamento dei lavoratori. Dopo che le sue performance erano calate, la compagnia l'aveva costretta a intraprendere un periodo di prova di sei mesi, al termine del quale è stata licenziata. Il suo datore di lavoro ha installato un software sul PC aziendale per contare il numero di volte in cui toccava i tasti, che è stato ritenuto "insufficiente" e pertanto la donna ha perso il lavoro.

Una donna che lavora da casa. Immagine stock
Una donna che lavora da casa. Immagine stock

Secondo i quotidiani australiani, la donna avrebbe confessato ai colleghi che il suo compito portava spesso a "giornate lente", ma avrebbe negato di aver abbandonato il lavoro. "Ogni tanto andavo a fare la spesa, ma non trascorrevo l'intera giornata fuori di casa. Ho bisogno di tempo prima di rispondere all'azienda. Ho avuto dei problemi di natura personale che hanno causato un peggioramento delle mie condizioni mentali e credo che abbiano influenzato negativamente anche le mie performance a lavoro". Secondo un report, in 49 giorni di lavoro la donna avrebbe acceso il PC in ritardo 47 volte e che non abbia lavorato per le ore stabilite in 44 occasioni. Per quattro giorni, infine, non avrebbe lavorato nemmeno per un'ora. La donna ha presentato un ricorso per licenziamento ingiustificato, che tuttavia è stato respinto.

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