"Diego mi ha salvato la vita" La rivelazione shock di Paolo Sorrentino

"I timidi decidono di essere difensori, si nascondono dietro gli attaccanti, cercano di passare inosservati". Dal film L'uomo in più, 2001. ''Come la maggior parte degli italiani - ha detto Sorrentino in un'intervista a Raffaella Carrà - sono orgoglioso di definirmi un conoscitore del calcio''.

Paolo Sorrentino non è solo il regista che con ''La Grande Bellezza'' ha riportato l'Oscar in Italia a 15 anni di distanza da ''La vita è bella'' di Roberto Benigni. Prima del cinema, della strada, del ballo. Pomeriggi trascorsi nella sua zona, adorna di giardini, rincorrendo un ballo e partecipando a estenuanti conversazioni con gli amici.

E poi Maradona, che nel 1984 arriverà a Napoli e costituirà, nella vita del regista, una vera ossessione. Il grande numero 10 degli anni '80, per Sorrentino fonte di enorme amore, di ispirazione, ma anche figura in una delle pagine più drammatiche della sua vita. Il regista italiano ha da poco terminato anche le riprese di ''Era la mano di Dio'', il suo ultimo lungometraggio, con ampio spazio riservato al suo amore per il 'Pibe De oro'.

Un film intimo e personale, un Bildungsroman allegro e doloroso. Paolo Sorrentino, appassionato tifoso del Napoli fin da bambino, perde entrambi i genitori a 16 anni, quando decide di non trascorrere il weekend a Roccaraso con la sua famiglia per seguire il suo amore, la sua ossessione. Prima della trasferta a Empoli, vicino alla realizzazione del suo grande e genuino sogno adolescenziale: vedere giocare Maradona e partire con i tifosi partenopei, Paolo Sorrentino riceve la notizia. In un certo senso Diego Armando Maradona ha salvato la vita a Sorrentino.

Il padre era a Roccaraso per la sua grande passione: lo sci. La passione salva, ma può anche uccidere. L'esplosione di una caldaia lo rende orfano di entrambi i genitori. Ironia della sorte: Paolo Sorrentino non ha mai incontrato Maradona, ha avuto l'onore di potergli parlare per qualche secondo, fugacemente, prima di decollare da Los Angeles dopo l'Oscar, ostacolato dalla Hostess che ha detto di spegnere. ''È vero.

È anche un cattivo. Ma il vizio faceva parte del suo carisma. Per cosa ho tifato nella semifinale Italia-Argentina 1990? Come tutto il San Paolo: Argentina. Non puoi tifare per l'uomo che ti ha salvato la vita', ha detto Sorrentino ai Carrà Un dolore immenso, incomprensibile dal quale non ci si può più liberare. Un dolore che trasforma, ma non necessariamente in peggio, può essere 'portatore di trasformazioni intelligenti'.

Una piaga della vita che va affrontata ogni giorno, che permeerà la poesia e lo stile del regista campano, una poesia, uno sguardo sulla vita tanto grottesco quanto ironico. Nei suoi film c'è tutto: libertà, vita, morte, assurdo, dolore e malinconia. Con la sua tecnica impeccabile, abile regista, Paolo Sorrentino è l'attuale numero 10 del cinema italiano capace di creare follie grazie al dono di avere un mondo tutto suo. Ancora una volta il calcio si pone come fenomeno al di sopra di un semplice gioco, forse come distrazione, distrazione capace di coinvolgere le emozioni umane.

'La distrazione. La più grande invenzione dell'essere umano per andare avanti. Fingere di essere ciò che non siamo. Adatto al mondo''. "Stanno bene", Feltrinelli, Napoli 2010 Da ragazzo immerso in un universo chiuso, in quella che chiamava la sua "palestra della vita" fatta di musica, libri e calcio, tanto calcio. Un universo circondato da fabbriche di sogni. Se chiedi a Sorrentino cosa lo ha colpito nella sua vita, la risposta sarà soddisfacente e semplice: ''Mia moglie, l'impressionismo tedesco, New York quando ci andavo da ragazzo e il calcio''.