Lavorare al Nord vivendo al Sud: "La mattina al computer, il pomeriggio al mare"

E’ sempre stata un’utopia, eppure l’emergenza Coronavirus ha dimostrato che non è poi così impossibile. Lavorare al Nord vivendo al Sud, perché no? E’ su questa idea che puntano alcuni professionisti italiani, precisamente venti, che stanno cercando di rendere realtà l’idea del “south working”, per permettere ai meridionali di lavorare in condizioni economiche più favorevoli, direttamente dalla loro terra d’origine.

Del progetto vi abbiamo già parlato qualche settimana fa, ed è stato lanciato da alcuni giovani professionisti, tra i quali Elena Militello, una 27enne ricercatrice dell'Università del Lussemburgo ma originaria di Palermo: “Il progetto si chiama South Working e come primo terreno di prova avrà Milano e Palermo – racconta lei stessa – Penso si possa cominciare ad immaginare un mondo diverso rispetto a quello di ieri grazie alla tecnologia e al lavoro agile. Un mondo nel quale alle persone sia consentito per periodi più o meno lunghi di trasferirsi al sud dove la qualità della vita è più alta e il costo molto più basso mantenendo il proprio posto nelle aziende attuali”.

A questo proposito, l'Huffington Post, ha raccolto le testimonianze di alcuni meridionali che lavorano al Nord, e che da quando è scoppiata l'emergenza si sono spostati al Sud, iniziando a lavorare da casa. Come Lorenzo, che ha un’azienda di commercio internazionale di cibo italiano a Bolzano, ma che ora sta lavorando a Salerno: “Ho tanti contatti qui, sto cercando produttori. Lavoro dal mattino fino a metà pomeriggio e poi vado in spiaggia. Ho sostituito l’aperitivo serale in Paolo Sarpi (il quartiere cinese di Milano, ndr) con un bagno al mare. Non ho problemi con il wi-fii e lavoro più di prima, ma con un’altro spirito. Qui la vita costa molto di meno, la metà o forse anche meno rispetto a Milano".

Stesso discorso per la sua compagna, Betty, che ha lasciato Milano il 10 giugno e approfittando dello smart working resterà in Costiera Amalfitana e Campania fino a fine agosto: "Ci spostiamo comodamente sui mezzi pubblici, puntualissimi, sui bus che io continuo a chiamare tram da buona milanese. Trovo che siano tutti molto rispettosi delle regole, tutti con le mascherine e ben distanziati".

Come queste, anche tante altre storie. Storie di chi, per la prima volta, non sta sentendo il peso dello strappo dalla propria terra d'origine.